IL CADDIE
Sembra che la nascita del caddie sia da ricercare nella particolarità dei primi campi da golf che sorgevano spesso su terreni pubblici dove i muri, i fossati e gli alberi facevano parte del percorso. Considerando la molta gente sugli spiazzi erbosi e il pericolo che le palline finissero nel mare sottostante, il vento e i tracciati indefiniti di gara, era necessario assoldare una vedetta di gara che precedesse i giocatori. Il suo compito era avvertire le persone di fare attenzione ai concorrenti, ma anche invitarli a seguire la gara, individuare la posizione della buca e segnalarla agli sfidanti. Il caddie doveva portare anche tutti i bastoni e, dal 1870, la sacca.
Uno dei primi caddie si chiamava Andrew Dickson , diventato poi uno dei più importanti produttori di ferri a Edimburgo.
I caddies furono praticamente i primi professionisti del golf. Iniziarono col ricevere per il loro servizio mance dai contendenti, ma divennero ben presto veri e propri consiglieri fidati e ricercati.
Quante volte guardando anche i tornei dei Professionisti vi siete chiesti “Ma conta veramente il caddie?”. Gli aneddoti sull’argomento si sprecano. Ad esempio Pete Bender, il caddie di Greg Norman a Turnberry, in una recente intervista ha raccontato di come Greg fosse nervoso al punto che fu costretto a prenderlo per il maglione e dirgli:” Greg fermati e guardami. Easy… cammina al mio fianco sono qui per aiutarti”. Al tee della 18 Norman stava prendendo il drive e Pete mise una mano sul copri bastone e gli diede un ferro 1. Lo “squalo” vinse il suo primo Open.
Il caddie è una figura fondamentale avendo perfetta conoscenza del campo, dei segreti di gioco dei rivali, della tecnica ed essendo in grado di suggerire il bastone giusto per ogni colpo, nonché di dare consigli e supporto psicologico nelle situazioni critiche.
Il lavoro del caddie è veramente difficile sia fisicamente che psicologicamente: porta una sacca di almeno 20 kg per tutte le 18 buche, annota tutto (distanze, pendenze, ferri, vento), è sempre vicino al suo giocatore proteggendolo da rumori o fastidi di ogni genere, sostenendolo quando sbaglia facili putt, cercando di dargli serenità per affrontare la buca successiva, ricercando la parola giusta al momento giusto. E’ difficile sapere se è il momento di dare la carica o il momento di aiutare a “calmare le acque” visto che nel golf un solo colpo può cambiare le sorti dell’intero torneo.
La storia di una amicizia: quella tra Paolo Augusti e Giorgio De Filippi
Il caddie è un vero e proprio mestiere e più vai avanti più ti rendi conto di quanta umiltà si deve avere per eseguirlo nella maniera corretta. Personalmente ho potuto vivere l’esperienza di seguire come caddie e preparatore atletico una giovane promessa del golf italiano, Giorgio De Filippi, nel suo percorso di qualificazione e soprattutto in occasione del torneo decisivo che, con un risultato finale di -5, ci ha permesso di ottenere la carta per l’Alps Tour.
“Ci sarebbe molto da raccontare sul nostro percorso e sulla nostra lunga amicizia. Essedno un professionista, non nego di aver avuto voglia di essere al suo posto molte volte, ma l’entusiasmo nasceva e si alimentava vedendo crescere la sua personalità, il suo modo di stare in campo e raggiungendo gli obiettivi prefissati.”
Uno dei giri più importanti della sua vita e, ad oggi, di sicuro il più importante resterà il passaggio a Pro disputato a Malaga a Dicembre 2013. E’ stato il culmine di mesi trascorsi insieme condividendo preparazione atletica e psicologica, allenamenti, alimentazione, con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio stabile e forte per affrontare quell’appuntamento con il piglio spirito.
Vi racconto un piccolo aneddoto accaduto sul battitore della diciottesima buca dell’ultimo giro a Malaga: pioveva e, a causa di un’infiammazione al ginocchio, zoppicavo vistosamente. Avevamo appena fatto 3 putt alla 17, ma eravamo comunque dentro il taglio. Per arrivare al battitore della 18, ultima buca, bisognava risalire di circa 80 metri indietro e realizzai immediatamente che il tempo di attesa per poter tirare il nostro colpo sarebbe stato piuttosto lungo in quanto si era formato un piccolo tappo tra i team che ci precedevano. Decisi di mandare Giorgio avanti, gli passai il legno 3 e feci finta di aver sbagliato bastone. Tornai quindi indietro per riprendere il drive e non lo lasciai con il ferro in mano visto quanto gli sudavano le mani nelle ultime buche. Una volta preso il drive mi incamminai lentamente verso di lui e poco dopo era il suo turno. Mise la palla in centro pista, chiuse l’ultima buca in par e conquistammo tranquillamente il nostro passaggio a Professionista. In quel momento la scelta che ho fatto da caddie è stata fondamentale per ridurre la tensione di Giorgio e mantenere la concentrazione solo sul colpo che avrebbe dovuto tirare.
La responsabilità del caddie è molto alta.
Ma è anche molto alta la soddisfazione per ogni risultato ottenuto come un vero e proprio team a due.
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